Tulipani
Ho trascorso un weekend lungo a braccetto con l’ansia, anche se quello che dovevo fare nei due giorni d’assenza era una cosa veramente piacevole.
Quando tornavo in albergo la sera e mi mettevo sul letto, guardavo le foto della giornata trascorsa, sorridevo, ma poi pensavo a quel c***o di posto di lavoro. Allora incrociavo le mani poggiandole sul ventre, insomma la tipica posizione per le bare, e fissavo il soffitto. Mettendo in atto un monologo.
Possibile che veramente Giorgio non abbia comunicato che per due giorni non sarei potuta andare a lavoro?
Ha ribadito più volte che lo avrei dovuto dire io al Grigio. Non l’ho fatto perché era la prima volta che lo vedevo e perché ero convinta che fosse stato avvisato.
Poi mi è stato spiegato che non c’è comunicazione e che mi devo guardare le spalle. Comunque il punto focale della questione, che genera ansia in me stessa, è che il Grigio sia convinto che io sia una persona poco affidabile e che non tornerò a lavorare, come hanno fatto altre prima di me.
Ma io non sono altre e sono una persona seria a cui serve assolutamente un lavoro per campare.
-Amore mio non ci pensare più, ti prego. Hai dimostrato di essere una ragazza in gamba e pronta ad imparare e a tuffarti nelle cose nuove con umiltà e determinazione! Se non ti prendessero perché non hai comunicato che partivi al socio, ma a tutti gli altri si, per cui non volevi fare la furba eri solo convinta che il tipo col nasone lo avesse fatto presente, sono tutti coglioni. Stop. –
R.aveva perfettamente ragione. In cuor mio, nelle profondità, lo sapevo. Ho continuato a pensare che fosse colpa mia, che avessi sbagliato io, forse perché volevo trovare per forza un capro espiatorio
Rientro a “lavoro”.
Giorgio mi aveva scritto che in quei giorni il primo socio sarebbe venuto in azienda, per vedere me, per mettermi alla prova, per giudicare il mio operato.
Giusto per farmi stare tranquilla e serena.
Tutti quei giorni di prova erano stati un esame continuo. Forse quando sei un imprenditore e devi assumere qualcuno funziona così. Il dipendente lo spremi fino all’ultima goccia per capirne le potenzialità e fino a dove può spingersi per mantenere il proprio lavoro. Si viene sfruttati come se non ci fosse un domani, come le galline, prima a sfornare uova tutti i giorni altrimenti non servi a niente e quindi covi e covi e poi, per non bastare, quando credi di meritare la pensione, vieni sfruttata ancora perché gallina vecchia fa buon brodo!
Arrivo in azienda, solito giro di routine.
Saluto S., scambio due parole con lei. Domani sarà il suo compleanno. La conosco da una settimana ma forse in fondo vorrei essere invitata al suo compleanno. Perché qui a Roma non ho ancora amici e vorrei sentirmi inclusa in un giro d’amicizie, un po’ di circostanze, un po’ scelto da me.
Cosa posso fare per essere accettata?
Forse nulla, è probabilmente troppo presto e insistere sarebbe controproducente, come darsi la zappa sui piedi.
Potrei passare per una tipa con la cervella azzeccata, opprimente, prezzemolina.
Io in fondo non sono così, adoro la solitudine.
Vorrei avere degli amici ma non vederli necessariamente spesso, l’importante sarebbe solo averli, per avere la consapevolezza di poter bere il caffè con qualcuno che non sia la mia fidanzata.
Ma quindi un regalo lo devo fare?
Potrei indagare su quali sono i suoi fiori preferiti, sarebbe un bel pensiero comunque.
La giornata si conclude tranquilla, oggi sono venuti solo due affitta studio, quindi c’è stato poco movimento.
Giorno del compleanno di S.
Vado dal fioraio. Cerco dei tulipani, in un solo mazzo c’è ne sono pochi, ne prendo due, glieli faccio unire e gli chiedo gentilmente di togliere le foglie utilizzate al solo scopo di riempire.
Ho un super bouquet di tulipani in mano, oltre allo zaino sulla schiena.
La metro mi guarda, forse sorpresa, forse felice che ancora qualcuno regali fiori.
Arrivo in azienda, stamattina ho scansato una cacca in una bustina rossa semi trasparente, veramente disgustoso. Il centro è sorprendentemente mal ridotto e strapieno di macchine, c’è un inquinamento acustico da paura, oltre alle schifezze che si trovano in giro, spesso spiaccicate sull’asfalto o incastrata tra i San Pietrini, patrimonio romano.
Arrivo in azienda, saluto e faccio gli auguri di buon compleanno ad S., le consegno il mio regalo profumato. Non mi invita alla sua festa anche se ne ha parlato davanti a me più volte o meglio quelle poche volte in cui ero presente. Il tema sarà quello degli unicorni. In fondo non mi piacciono nemmeno e avrei dovuto comprare qualcosa di inerente, ma meglio così non ho soldi da spendere per inutili costumi colorati.
Fotografa i tulipani cercando di fare una foto artistica, la metterà sicuramente su Instagram, ma non ci seguiamo, non mi taggherà. Fingerà che qualcuno le abbia mandato dei fiori in ufficio, magari uno spasimante.
Domani verrà il secondo socio.
Sono pronta. L’aspetto al varco. Qui mi sento a mio agio. Nell’habitat angusto che mi è spettato. Tra queste quattro mura e avendo smanettato col computer piatto vecchio mi sento in grado di poter superare qualsiasi prova scritta, digitale oppure orale.
Cara Rasputin non ti temo. Dimostrerò di meritare questo maledetto posto di lavoro dall’ottimo contratto indeterminato.
