Pellecchielle
In un giorno estivo, uno di quelli dove mi si accollavano addosso le camicie con le maniche lunghe, di cotone, perché di lino costavano troppo e tra l’affitto, le bollette e tutto il resto, non potevo permettermi di pensare di acquistare indumenti, avevo scelto consapevolmente di non vivere una vita a ridosso di altri, sobbarcandomi di tutti i pensieri del caso.
Insomma in un giorno estivo, dove a stento riuscivo a riunire i miei capelli in un codino, presi una decisione di pancia, senza ragionarci troppo, mi ero rotta, ma proprio spaccata in mille pezzi; era l’ennesimo giorno in cui venivo richiamata senza un motivo reale, volevo andarmene.
-La vedi la polvere lì? La dovresti togliere tu a questo punto, dato che ancora non controlli che le pulizie vengano fatte adeguatamente! Cos’hai nella testa? Perché non capisci quando ti viene dato un compito da svolgere? È così difficile? –
Io proprio non capisco, ma come fa a pretendere che io possa verificare che sia tutto ok nel momento in cui lei arriva prima di me? Allora se io inizio alle dodici e Rasputin si chiude nella sua stanza dalle ore otto del mattino, quando arrivo, come posso io verificare, se l’addetto alle pulizie viene lo stesso giorno all’alba? Io posso verificare ci sia acqua, carta igienica e che in linea di massima tutte le stanze siano pronte ad accogliere i soci e/o gli affitta stanze, ma se dovessi passare il dito su tutte le superfici ci perderei metà della mia giornata! Tra l’altro è impossibile che una sola persona possa pulire alla perfezione tutti questi metri quadri in sole due ore per tre giorni a settimana! Siete dei tirchi del cazzo! Contattate un’impresa di pulizie se siete così pretenziosi, che poi tanto toccherebbe a me contattarli! Devo risponderle?
-Guardi faccio una foto e la mando subito a Mister Pulizia! – speravo, con quella mossa, la smettesse di gridare come una gallina a cui stavano staccando il collo.
-Ecco, manda foto in continuazione! Un’altra cosa, sei andata a prendere il pranzo e la cuoca non ha messo il pane, tu cosa diavolo controlli? Anche lì, nulla! Io ora devo stare tutta una giornata con in corpo un po’ d’acqua sporca, perché fa bene, senza un briciolo di pane! Mi vuoi forse far morire di fame? –
-Rasputin era già chiuso il sacchetto del suo pranzo, io sono soltanto andata a ritirarlo. –
-Non basta! Perché sono circondata da gente incompetente! Chiamala, scrivile, voglio mandarle un messaggio vocale! –
Oddio no, ti prego non dal mio cellulare, mi fa già schifo il solo pensiero che lei possa metterci una mano sopra o, peggio, sputarci come un cane rabbioso a cui non hanno dato il croccantino, che poi, è una bugiarda, quasi ogni pomeriggio mi manda a comprare dolcini, per carenza di zucchero, dice.
-Scrivi dal tuo cellulare quanto ti detto: “Consuelo devi stare attenta quando fai le cose per Rasputin, perché non puoi immaginare quanto lavora. Ha il diritto di mangiare.” Adesso vai, che devo fare delle chiamate! –
Mi sentii uno schifo per aver mandato quel messaggio alla collaboratrice domestica di Rasputin, lei rispose dopo poco ma non ebbi il coraggio di ascoltare il suo vocale e avevo il terrore di farle sapere che non le avevo scritto io, che non partiva da me quel pensiero così duro, mi fidavo di Consuelo ma se per salvarsi, in un momento di pericolo, mi sputtanasse?
Entrai nel mio tugurio, in quell’ora di tempo dovevo necessariamente provare a pranzare, anche io, perché fino a che in azienda c’era solo Rasputin potevo giostrarmi la “pausa” pranzo, ma appena sarebbe arrivato anche il Grigio non avrei più potuto; estrassi la schiscetta chiusa in una bustina per alimenti, avevo il timore potesse fuoriuscire del liquido, magari olio, presi la forchetta e iniziai ad affondarla nella pasta con il sugo e formaggio. Nel frattempo dovevo rispondere al telefono e i miei occhi si staccavano poco e niente dallo schermo del computer, ma tanto ero così in ansia che ingurgitavo i miei novanta o novantacinque grammi di pasta in circa cinque o sette minuti, bevevo un po’ d’acqua per permettere al bolo di non bloccarsi nella trachea e continuavo.
In quei giorni mi chiedevo come mai sulla faccia della terra vivevano persone così aride, abituate a sfruttare altri esseri umani, a spremerli come pomodori, fino a quando non rimangono solo le “pellecchielle”, come si dice a Napoli, e non resta che scartarle.
