Licenziamento
Quella mattina mi ero svegliata decisa a volermi licenziare. Ero stanca di dover obbedire a dei datori di lavori che mi trattavano come un cagnolino randagio trovato in qualche vicolo sperduto e portato a casa per curarlo e schiavizzarlo a vita, perché doveva essere riconoscente della grazia ricevuta da due arpie.
Avevo scoperto da poco che Rasputin e Grigio si trovavano in una relazione clandestina, al solo pensiero mi venivano in mente Ciuchino, asinello grigio, e la draghessa di Shrek, drago alato e di stazza mastodontica pronta a divorare cavalieri.
Comunque io non ero stata salvata da morte certa, ero stata assunta con un contratto regolare, o quasi, e facevo tutto quello che spettava il mio ruolo di persona che si interfacciava col pubblico, probabilmente la segretaria era quello che più si avvicinava.
Mi sono scocciata! Ho capito che adesso ho la casa a cui badare, l’affitto, il condominio, le bollette, ricordo anche di avere una macchina e quindi di dover pagare l’assicurazione e poi la revisione e il bollo e naturalmente il tagliando. Certo so anche che devo fare la spesa e magari qualche volta uscire con gli amici, ma questi soldi che mi danno sono maledetti! Me li fanno uscire da tutte le parti! Vivo con l’ansia, mi scrivono anche quando non lavoro, all’alba o nei weekend, e per il mio senso dell’impegno mi riesce difficile non visualizzare, mi chiedo che cazzo scrivi a fare di sabato e domenica? Sei pessimo e basta!
Oltre la rabbia che nutrivo verso i due soci subentrava, però, un altro fattore, l’amicizia. Mi ero affezionata alle ragazze che giravano intorno a quel posto infernale, riuscivano a strapparmi un sorriso anche quando vedevo tutto nero e a mia volta facevo lo stesso, erano l’arcobaleno che si vedeva spuntare timido dopo le tempeste.
-Oggi parlo con il Grigio e mi licenzio! Basta! –
-Se ci hai pensato bene e sei pronta a cercare altro lavoro, va bene! Noi ti vorremmo sempre bene! Anzi, proprio per il bene che ti vogliamo, è meglio a questo punto che tu vada via, è svariato tempo che non sei più la stessa! Hai sempre un diavolo per capello e il tuo umore è più altalenante di un’altalena che va a vento! – mi dissero C. ed S. quel giorno, ma in cuor mio ci credevo poco, il nostro rapporto d’amicizia era relativamente consolidato e a un cambiamento repentino di quella portata non ero certa sarebbe sopravvissuta, avevo paura di perdere quello che avevo costruito ma era vero, ero spesso nervosa, con le labbra pendenti al basso, gli occhi spenti e persi, non sapevo reggere quelle dinamiche.
Entrai nella stanza del Grigio, feci un gran respiro silenzioso, come ogni volta prima dell’arrivo dei clienti, gli portavo in visione le bollette da pagare, gli avvisi che arrivavano tramite mail, le richieste particolari ricevute al telefono e così via.
Forza e coraggio Zeta, parla, apri la bocca!
Avevo il cuore a mille e speravo di non freezarmi per la sopravvivenza, non avrei retto emotivamente ad altre grida, ad altri richiami sottili ma carichi di cattiveria che mi facevano sentire un’inetta.
-Grigio devo dirle una cosa importante- Respira –mi dispiace, ma dopo tutto questo tempo sento di non venire apprezzata come merito, vengo richiamata di continuo anche quando non ho fatto nulla di sbagliato, eppure sono sempre educata e cerco di svolgere al meglio il mio lavoro. Ormai mi sale l’ansia per tutto, prima ancora di cominciare. –
-Ma forse è colpa di Rasputin che grida come una forsennata? Lasciala perdere, è un cane rabbioso legato al palo, una donna insoddisfatta, repressa, che forse nella gioventù avrebbe voluto avere la stessa valenza di un uomo, naturalmente anni fa non era come oggi. Prendi una pasticca per l’ansia e vai avanti! Adesso scusami ma devo andare al bagno prima di cominciare. –
Mi invitò ad uscire e io lo feci senza parlare, priva di ogni parola, morta di una morte apparente come gli opossum.
Forse ha capito ed è il suo modo per dire di non andare via? Forse è una mia convinzione? Hai sentito il tono e le parole?
Ero scioccata.
Lo raccontai alle ragazze che ribattezzarono quel giorno come “il giorno in cui Zeta ha tentato di licenziarsi senza pronunciare la parola licenziamento”.
La prendemmo a ridere perché a piangere eravamo tutte stufe.
