Il duello
Sono ancora qui in piedi a reggere l’uscio della porta mentre non vengo introdotta in nessun tipo di argomento.
Squilla il telefono.
Finalmente!
Ecco la scusa per poter abbandonare la stanza di Rasputin.
Rispondo, era una persona che voleva qualche informazione sull’azienda, niente di che.
Per qualche momento mi fermo a fissare lo schermo del pc.
Forse è da quando avevo circa sedici anni che non mi sentivo così palesemente esclusa.
Parliamoci chiaro, è bruttissimo dover stare in compagnia di persone che non ti degnano di sguardi e parole. Vieni considerato veramente come soprammobile, ci sei o non ci sei non fa alcuna differenza tanto il tuo ruolo resta sempre lo stesso. Come se non fossi all’altezza di aprir bocca.
Tutti i miei pensieri neri vengono interrotti da qualcuno di altrettanto scuro.
Eccola la resa dei conti.
S. e C. sperano che io sia più rapida a sparare mentre R. e tutta la mia famiglia, che per quanto i miei racconti rispecchino la realtà non hanno ancora capito in che fossa di serpenti a sonagli ho messo piede, si augurano che io prenda sto posto di lavoro.
-Allora? –
Allora cosa? Come si risponde ad allora?
La guardo accennando un sorriso e staccando gli occhi dallo schermo.
Rasputin si accomoda sull’altra sedia girevole presente nel mio tugurio.
Mi osserva e io faccio lo stesso. Sento il fruscio del vento che alza sabbia desertica e fa rotolare tondi legni.
Non mi ero accorta di quanto fosse scollato il suo completo, spero di non aver fatto nessuna smorfia.
Tra un po’ ha le zizze che le scendono sotto ai piedi. Per carità ognuno è libero di vestirsi come preferisce ma a volte più che di abiti bisogna vestirsi di buon senso.
-Chi mi dice che un bel giorno non vuoi tornare da dove vieni? – mi chiede maligna come se venissi, con tutto il rispetto, dal terzo mondo.
I nostri mondi sono divisi da due ore e poco più di macchina.
-Guardi mi sono trasferita per amore e quindi non torno indietro, voglio costruire il mio futuro qui –
È perplessa.
-L’amore può finire – mi dice e istintivamente vorrei farmi una “grattata” anti seccia ma non posso. Nel frattempo continua – Quanti anni ha sto ragazzo? –
Ci siamo. Non voglio nascondermi. Respiro.
-È una ragazza e ha venti tre anni. –
-A! Peggio mi sento! Le lesbiche tradiscono che è una bellezza. Se vuoi ti presento qualche amica con cui andare a ballare –
Io sono palesemente sotto shock.
-Guardi siamo insieme già da un po’, non mi interessa andare a ballare e non stiamo pensando di lasciarci! – sorrido.
Ho immaginato una milf rattrappita come lei che mi trascina sottobraccio ad andare a ballare chissà dove con un Cosmopolitan annacquato.
Shock.
-Ho capito. – dice solo questo mentre si alza.
Io non batto ciglio, sono sicura di me e nel complesso sto piuttosto tranquilla.
È andata da Giorgio a confessarsi.
Si è arresa?
Nel frattempo rispondo di nuovo al telefono, fisso un appuntamento per il Grigio.
Rasputin fa degli alti e bassi vocali esagerati.
Me la ritrovo di colpo al mio fianco, mi fa quasi saltare dalla sedia.
-Trovami un biglietto del treno per Bologna. –
-Quando preferisce partire? –
-Tra una settimana. –
-Sà già verso che ora preferisce partire? –
-No, fammi vedere tutti gli orari. Solo Frecce. –
-Va bene. –
Inizio la ricerca utilizzando il filtro per escludere altri treni.
Boom. Esce l’elenco degli orari, lei li legge, non le frega un fico secco. Mi fa fare la stessa ricerca con Italo e poi passiamo alla ricerca dei voli per Honolulu.
Trascorriamo una decina di minuti così, a fare ricerca surreali su viaggi e agende.
Davvero?
-Ok. – si alza e va nuovamente da Giorgio.
Mangio due pellicine delle unghie, insapore, per il nervoso, la tensione.
Aspetto.
Trascorrono venti minuti abbondanti prima di vedere l’ombra di naso importante che varca la porta e inizia a parlare.
-Nei prossimi giorni riceverai il contratto da firmare tramite mail, fai una copia da tenere per te. È andata. Da domani inizi ufficialmente. Ciao Zeta. –
Volevo gridare di gioia, saltare forte da farlo sentire a chi abbiamo sotto.
Vaffanculo, porca eva.
Ho vinto io.
Finalmente avrò questo benedetto lavoro di cui non sono per nulla sicura, ma i soldi muovono il mondo e a me servono soldi.
