Taxi
La settimana è appena iniziata da un giorno, fortunatamente oggi non verrà nessun socio e nessun affitta stanze, per cui non ci saranno clienti e posso permettermi di non controllare se c’è o meno l’acqua per un gruppo di disidratati provenienti dal deserto che, a scrocco, finisce litri e litri.
Ieri mi sono dovuta sentir dire che “di tutti i napoletani che ci sono sulla faccia della terra, perché vi arrampicate dappertutto come l’edera, a ME proprio una poco scaltra mi doveva capitare!” e onestamente non ricordo neanche il perché mi sono dovuta sentir dire questa non velata cattiveria. Probabilmente era per la promozione del gestore telefonico che il Grigio ha sul cellulare, vorrebbe cambiarla ma io devo analizzare la concorrenza e capire se ne vale la pena oppure no.
Mi rendo conto che la mia mente sta iniziando ad utilizzare una protezione per non lasciarsi scalfire dalle parole e i modi di merda che utilizzano i soci. Forse più avanti scoprirò che sono fratelli, magari adottati ma cresciuti insieme al cospetto della rigidità.
Inoltre mi chiedo perché devo essere io a cercare una cosa che non rientra nelle mansioni del mio lavoro?
Oggi mi riposo dalle loro voci squillanti, e dalle loro facce sempre nere, come se tutte le mattine scendessero dai camini prima di venire al lavoro, così dovrei riuscire a dedicarmi ai conteggi brevi manu arretrati che ho.
Eccomi seduta e pronta alla mia postazione. Accendo lo schermo, fuori dalla finestra posso ammirare i raggi del sole che iniziano a prepararsi per l’estate.
Il suono stridulo e ripetuto del citofono mi fa letteralmente saltare.
Chi sarà? Io qui non aspetto nessuno.
Panico. Apro, dopo un minuto circa si presenta alla porta una figura a me sconosciuta.
-Salve, io avrei appuntamento con Rasputin. –
No. Ha sbagliato sede. Com’è possibile?
-Deve esserci stato un errore di comunicazione. Oggi la dottoressa Rasputin non è in questa sede ma in via dei Burattini 1940. –
La figura diventa paonazza, stringe i pugni, serra la mascella. Ho avuto timore che potesse mutare forma e diventare un gigantesco drago.
-Avverta la mia amica che mi sto dirigendo da lei e arriverò in ritardo a causa sua. Buona giornata. –
Va via senza darmi la possibilità di salutarla.
E adesso?
Prendo il cellulare e compongo il numero di Giorgio, gli spiego rapidamente cosa era appena successo.
-Zeta, le senti le grida? Rasputin vuole che accompagni l’amica fin qui. –
-Ma io non vengo con l’auto a lavoro e qui in zona non ho visto taxi. –
-Non importa. Accompagnala a piedi se necessario. Sbrigati!
Senza neanche riflettere a cosa stesse succedendo mi sono catapultata per le scale nella speranza di beccarla in qualche modo.
Sono maledettamente fortunata.
-Figura, sono mortificata di quanto accaduto e mi piacerebbe accompagnarla personalmente. –
Era visibilmente soddisfatta nel vedere le mie ginocchia toccare l’asfalto.
Sorrise e cominciammo a camminare, io seguivo il suo passo svelto.
(Per una questione di privacy non posso scrivere della conversazione avvenuta con Figura)
Arrivammo con appena 7 minuti di ritardo. Le grida rivolte alla mia incompetenza si sentivano da fuori la porta d’ingresso. Rasputin era rintanata come una serpe nel suo studio.
Giorgio nel vedermi aveva alzato gli occhi al soffitto con un’espressione compiaciuta.
L. invece mi guardava comprensiva e dispiaciuta e impotente. Avrebbe voluto abbracciarmi per la stronzata che avevo fatto.
Nessuno si mosse.
Andai via che avrei voluto piangere, mandare a fanculo tutto, urlare, correre.
Non mi ero mai sentita così mortificata, non avevo mai fatto l’accompagnatrice a piedi o meglio il taxi umano.
Ma cosa mi sono abbassata a fare?
