Luna
Succede che una mattina mi chiama mio padre, con cui avevo un rapporto di stima e bene obbligatorio nei confronti di un genitore, anche se negli ultimi due anni andava molto meglio, io avevo deposto le armi e dopo otto anni di relazione con la sua compagna l’avevo accettata.
Avevo accettato che di lì a breve si sarebbero sposati, ormai era questione di pochi mesi, avrei dovuto fare da testimone, con mio fratello Yuri, fantasticavo sul vestito e come coordinarlo in qualche modo a quello di R.
Per la felicità di mio padre avevo ingoiato il rospo e accettato.
In fondo Luna aveva bisogno d’amore e io non l’avevo capito “subito”, ci ho impiegato appena otto anni e la verità era che non volevo sparire agli occhi cielo di mio padre.
Succede che quella mattina di metà luglio papà mi chiamava per dirmi, che in seguito ad un’ecografia a cui Luna si era sottoposta, le avevano scoperto una macchia in uno dei suoi crateri.
-Bisogna fare tanti altri accertamenti, ma il collega è una persona in gamba. Luna non sa che mi è stato detto che non c’è nulla da fare, che la macchia nera sul suo corpo candido si è espansa tanto, per questo la vediamo spesso a metà. È difficile debellarla, anzi mi è stato detto che sarà sempre peggio fino a che diventerà tutta nera e noi non la vedremo più. A papà come vorrei che fossi qui. – singhiozzava.
Io sono bloccata in questa casa non mia, devo andare a lavorare in quel posto con persone pessime. Devo gridare, devo gridare!
–Questo fine settimana veniamo da te. – attaccai il cellulare.
Non riesco a dirgli più niente.
Maledetta Luna ma come cazzo ti viene in mente di abbandonare papà? Di dartela a gambe adesso che ti ho accettato, che ho accettato tutto, che sono andata oltre, che non ti sto più facendo la guerra?
Sei una stronza maledetta ad ammalarti così.
R. era vicino a me, provava a calmarmi, ma io sarei voluta esplodere, avrei voluto travolgere tutto quello che mi circondava, distruggere tutto, urlare di più, prendere la macchina e andare.
Rinunciai al mare, all’estate, alle mie ferie tranne quattro giorni da mio fratello, ma la testa non ha mai smesso di pensare che non era davvero possibile che Luna continuava ad assottigliarsi. Mi sentivo impotente, avrei voluto stare di più accanto a mio padre, avrei voluto licenziarmi tutti i giorni ma io lavoravo per andarmene da casa dei miei suoceri perché non ce la facevo più a non avere i miei spazi, i miei momenti di solitudine, i miei momenti di silenzio. Avevo bisogno che i miei bisogni venissero ascoltati e quindi rimanevo a metà strada giocando a fare l’equilibrista su un filo troppo sottile per una persona non addestrata.
Non ho visto mia madre per quei mesi, perché papà incredibilmente per me aveva la priorità assolutamente, la situazione aveva la priorità.
Non ho mai chiesto ad R. di seguirmi, mi ha seguita sempre, senza lamentarsi, rinunciando a sua volta al suo tempo.
Arrivammo al giorno del loro matrimonio rimandato a data da definirsi, appena Luna sarebbe stata meglio avremmo fatto una doppia festa. Ci credevo, ci ho creduto così forte da illudermi come lei che prima o poi sarebbe tornata ad essere bella tonda e candidamente luminosa. Ci credevo così tanto da continuare a fare battute di merda per farla sorridere, mentre lei si alzava dal letto sempre più di rado, speravo si potesse dimenticare tutta la sofferenza che aleggiava in quella casa buia, senza voci, non la riconoscevo più. Non riconoscevo più niente, neanche me stessa, una lastra di ghiaccio che aveva paura di sciogliersi al sole.
Tutti i weekend siamo andate da mio padre, per dare una botta a casa, per cucinargli qualcosa di diverso, per fargli compagnia, già, perché per volere di Luna nessuno poteva andarla a trovare e varcare la soglia sempre più vicina alle tenebre, solo noi avevamo quel permesso speciale, perché non piangevamo e continuavamo a trattarla normalmente, così tanto che le regalammo dei calzini antiscivolo rosa di Barbie per paura che alzandosi potesse scivolare, ma lei già non si alzava più.
Tutti i weekend siamo andate, tranne uno, causa Covid, non potevamo permetterci di attaccarle qualcosa e non potevo non andare al lavoro perché non volevo che creassero problemi se avessi dovuto chiedere un permesso per causa di forza maggiore.
Quel giorno arrivò una domenica mentre io ed R. eravamo lì, in quella stanza allestita a camera d’ospedale, quel giorno Luna si spense per sempre, non avevo il coraggio di lasciarmi andare dovevo essere ancora una colonna di ghiaccio per papà e per R. e per tutti quelli che sarebbero venuti a piangere lacrime per lei, non potevo permettermelo.
Ciao Luna, ti sei spenta circondata dal nostro amore, te lo giuro non ti dimenticherò.
Inviai il seguente messaggio ai miei datori di lavoro:
Buonasera dottor Grigio e Rasputin perdonate il disturbo.
Oggi ho ricevuto comunicazione di un grave lutto nella mia famiglia, pertanto domani dovrò presenziare ai funerali a Napoli. Volevo comunicarlo e assicurare che troveremo una soluzione per il telefono e l’accoglienza dei clienti insieme a C. ed S.
Grazie per la comprensione.
La risposta di Grigio:
La risposta di Rasputin: Ok ci vediamo martedì. Le mie condoglianze per la perdita.
