Chiavi
Il periodo natalizio era incredibilmente parecchio tosto, a parte la storia del pane integrale, io dovevo portare a casa dei soci i pacchi che consegnavano in azienda.
La mia unica fortuna era che entrambi vivevano ad una distanza non eccessiva rispetto all’azienda, quindi erano facilmente raggiungibili a piedi. Con il loro permesso, quasi come se facessero una gentilezza loro a me, a volte prendevo il taxi per caricarlo di quanta più roba possibile e scaricarlo giù ai palazzi, ficcare tutto in ascensore, entrare nelle loro dimore adagiando i preziosi doni ai piedi degli alberi di Natale brutti, inquietanti, con alcune pallette veramente obbrobriose ed alcuni burattini cupi incastrati nel mezzo. In particolare gli addobbi di Rasputin erano atroci; cavalli con al collo ghirlande natalizie, cavalli in prossimità di pungitopo e bacche rosse, teste di cavalli appese sull’albero, cavalli in corsa.
Pare una specie di museo messo in piedi da una persona ingrippata forte.
Forse in una vita precedente Rasputin era un cavallo per questo se ne circonda, per ricreare un habitat a lei familiare!
Un bel giorno Rasputin, anche non essendo in azienda, crea il panico.
Giorgio mi chiamò chiedendomi di cercare le chiavi di casa di Rasputin, siccome non le trovava più da nessuna parte; Era gravissimo! Soprattutto nel periodo natalizio, non sarebbe più riuscita a dormire sogni tranquilli.
Cercai nel suo studio da cima a fondo, pretesero che spostassi libri, divano, sedie e cavalli, chiesi al portiere se per sbaglio avesse trovato in ascensore un mazzo di chiavi o se qualcuno gliele avesse portate in portineria.
Le cercai persino in bagno, ma alla fine mi fecero salire talmente tanto l’ansia che cercai in tutte le camere, anche in quella del Grigio.
Niente, le chiavi erano sparite.
Rasputin aveva già chiamato un fabbro per cambiare la serratura, e inoltre chiese a non so chi di farle compagnia quella notte.
La leggenda racconta che per quella notte piazzò delle trappole lungo il corridoio e nell’anticamera; in pratica aveva creato un percorso a ostacoli, come nelle gare dei suoi amati amici corridori, nella speranza che il presunto ladro ci inciampasse e facesse rumore; quella notte probabilmente si sarebbe procurata più danni economici lei da sola, facendo distruggere, per sbaglio, opere di un certo livello economico, che un ladro qualunque.
Prima di andare dai carabinieri per la denuncia le venne in mente che era stata alla Rinascente.
-Vuole che vai a chiedere se per caso hanno ritrovato le sue chiavi. –
-Ma in quale reparto devo dirigermi? –
-Non lo ha specificato. Vai e chiedi. –
Posso mai dirigermi là a ca*** di cane e chiedere se hanno delle chiavi?
Ahimè sì.
Mi diressi alla Rinascente, minuscolo franchising con appena quattro, cinque negozi, quanto ci vorrà mai? Praticamente è una passeggiata.
La folla, c’era la folla, la fila come se stessi andando a un concerto di Madonna, come una sprovveduta chiesi al buttafuori e gentilmente mi indicò dove dirigermi.
Al punto informativo spiegai la situazione, descrissi persino Rasputin senza mai parlare in modo inappropriato di lei, era percepibile che incutesse terrore, lo si leggeva nel mio sguardo ansioso e speranzoso di non tornare a mani vuote.
Naturalmente non trovai le chiavi, uscii dalla Rinascente senza aver controllato tutti i negozi, non era necessario, il meccanismo degli oggetti smarriti funzionava egregiamente.
Dopo sette minuti di cammino per tornare in azienda, distrutta ormai, Rasputin mi scrisse di chiedere ad una persona specifica che lavora in un negozio specifico.
Ma che cazzo!
Diligentemente andai alla Rinascente, chiesi a chi voleva lei, quello che voleva lei, ma niente.
Alla fine le chiavi le ritrovò il giorno dopo sotterrate nella sua minuscola borsa senza tasche interne.
