Nido
Eravamo giunti a febbraio, pian piano stavo provando a lasciar andare mio padre, non riuscivo più a reggere il ritmo; lavorare per gente che mi ripeteva che non ero una persona capace, semplicemente perché non capivo le quattro parole in croce che pronunciavano, come se io dovessi essere per forza in grado di decifrare i loro pensieri, e andare il fine settimana a trovare mio padre, chiamarlo tutte le sere, puntuale alle 20:30, per sapere se avesse terminato il lavoro oppure semplicemente per capire com’era il suo umore e se non mi stava cadendo in depressione. Poche uscite con gli amici, anzi forse una, mia madre la sentivo tutti i giorni per colmare l’assenza fisica perché, pur scendendo ogni weekend, una sola volta al mese andavamo a trovare lei.
Non so spiegare bene cosa cambiò nel mio equilibrio mentale ma qualcosa si inclinò; iniziai a detestare di essere ospite, di non poter accogliere mio fratello che viveva all’estero, anche solo per una notte di passaggio per accompagnarlo all’aeroporto, mi stava stretto tutto, la convivenza forzata con genitori non miei, le discussioni inutili a cui avevo assistito già centinaia di volte nell’arco della mia vita. Che poi i miei suoceri si erano sempre comportati bene, forse troppo, forse più del dovuto ed era proprio quello che mi faceva salire la febbre.
Basta! Io voglio avere la mia libertà, voglio poter decidere, non voglio dover accondiscendere a proposte del cazzo che a me fanno girare le palle. Io una famiglia ce l’ho e mi basta quella con tutti i problemi del caso.
Avevo già espresso il desiderio ad amici e parenti di voler vedere un appartamentino per poter stare per conto mio, con R., qualche soldo da parte per versare una caparra ce l’avevo, ero una conservatrice seriale, non tirchia, ma se dovevo acquistare qualcosa per me stessa ci pensavo tre o quattro volte prima di procedere. Quel lavoro che mi toglieva energie e positività, appiattendomi totalmente, mi dava la possibilità di accumulare piccole cifre, tali da poter sbariare con la mente al punto che il pensiero di voler prendere un appartamento era sempre più forte, come un prigioniero che inizia a dimenarsi contro le sbarre ogni giorno più frequentemente.
-Amore ho deciso che voglio andare via da casa dei tuoi genitori, la situazione per me è insostenibile, so che per te può essere complicato da capire, perché non ti ci trovi dentro, ma te non avresti mai resistito un anno a casa con mia madre oppure a casa con mio padre. Io non ce la faccio più, ho proprio il terrore di poter esplodere da un momento all’altro. –
-Io non ho la possibilità di aiutarti economicamente. –
Quello era un punto cruciale dei mille ragionamenti che avevo fatto tra me e me, sarebbe stato tutto sulle mie spalle, avrei dovuto rinunciare alle uscite con gli amici, alle mete ambite nei mesi caldi, a togliermi uno sfizio che già non mi toglievo.
-Non importa, preferisco una vita stretta che una vita pilotata! –
-Pensaci bene, io in ogni caso sarò al tuo fianco, farò tutto quello che mi è possibile. –
Iniziai una ricerca spietata, non dormivo la notte, ogni minuto libero, da quando ero sul gabinetto a quando salivo in metro, era dedicato all’app dell’agenzia immobiliare. Mi serviva, necessariamente, un appartamento con una stanza che potevo adibire come stanza ospiti, anche un soggiorno con divano letto andava bene, l’importante era che la mia famiglia poteva avere la possibilità di dormirci; non doveva distare troppo dai mezzi pubblici, il costo si doveva aggirare intorno ai 500€ mensili, arredata era anche meglio.
Dopo una faticosa ricerca trovai finalmente un piccolo nido che poteva assomigliare alla casetta che avevo sempre sognato di avere, ma era un po’ fuori zona, costava 100€ in più rispetto al mio budget ed era completamente vuota, ma quando io ed R. l’andammo a vedere me ne innamorai.
Mi farò in quattro per averla, acquisterò mobili usati per arredarla dello stretto e necessario, ma questa è perfetta, è tutto ciò di cui ho bisogno.
