Colloquio – Parte prima
Buongiorno Mondo, oggi è un grande giorno! Dopo quasi mezzo anno, di 0 risposte positive, devo presentarmi ad un colloquio di lavoro.
Spero prima di tutto di fare una bella figura, spero che il mio carattere solare ed espansivo possa far colpo. Insomma spero abbiano una percezione positiva di me.
Ho già lavorato per un’azienda, da cui sono andata via a causa della paga bassa. Venivo retribuita 5,00€ l’ora e lavoravo sei giorni su sette. Magari quando sei più giovane, quando ancora vivi con i tuoi, quando non hai la responsabilità di dover pagare le bollette, ci sta. Ci sta che un po’ ti accontenti, vivi quasi alla giornata, con la testa per aria. In questi casi questi due spicci ti sembrano una montagna di soldi. Puoi comprarti il Mondo, ma non è così, ve lo dico io. Nella vita reale, quella con le responsabilità, ci fai poco.
Dunque cosa indosso? Praticamente mi sento disabituata a vestirmi in un determinato modo, cioè con qualcosa che non sia la tuta, le maglie larghe e le Adidas.
Parliamo chiaro, sono qui a Roma da circa sei mesi, a casa della mia fidanzata R., con i suoi genitori, non conosco nessuno, a parte i suoi amici, è ovvio che io abbia trascorso la maggior parte del mio tempo in casa.
Ok, ok ammetto di essere uscita per qualche aperitivo verso i Castelli, così mi pare che si chiami la zona, ma fondamentalmente… non so come spiegarlo, forse mi sono un po’ spenta, demoralizzata, illusa?
Possibile che io sia un filino in depressione? Chiusa nella mia piccola stanza, che in realtà mia non è. Circondata da tre fotografie che mi riportano alla mia infanzia, a casa.
Dai Zeta, non è proprio il momento di buttarti più giù del plaid steso per terra, oggi è un gran giorno, otterrai il lavoro, vedrai!
Se c’è una cosa che ho imparato nel corso degli anni, e dei precedenti colloqui, è mostrarsi per quello che si è, ma non troppo. Durante l’adolescenza, magari a causa di qualche mancanza oppure come forma di autolesionismo, mi sono concessa qualche tatuaggio. Nulla di crudo o politicamente scorretto, semplicemente qualcosa che mi rappresenta, a cui sono sempre legata. Il primo posto che ho tatuato è il braccio, circa per tutta la lunghezza ma solo la parte esterna. Nelle aziende c’è quasi sempre il condizionatore a palla, per cui, come ho già fatto, indosserò maglie lunghe oppure camicie floreali. Quasi dimenticavo, ho anche due piccoli simboli sulle dita, per uno ho un anello che incredibilmente, anche se con una forma poco comune, lo copre perfettamente, sull’altro metterò del fard con una spruzzata di lacca, alla peggio ci metto un cerotto.
Dopo circa un’ora di preparazione, sono pronta a farmi baciare dalla luce del sole. Pantalone nero semplice, camicia azzurra e blazer nero. Dr Martins e calzini di Snoopy. Adoro i calzini colorati e fantasiosi, potrei essere vestita tutti i giorni come un tronco, l’importante per me è avere dei calzini fighi, che si abbinano a qualcosa che indosso oppure per spezzare completamente. Adoro tutti i tipi di calzini, corti, lunghi, di spugna, cotone o di filo di scozia.
Mi guardo allo specchio, faccio un bel respiro. Sono troppo fiera di me e di aver ottenuto questo colloquio di lavoro. Non l’ho detto ma l’annuncio era allettante, parlava di un contratto a tempo indeterminato, subito, il sabato e la domenica liberi. Sembra un sogno, sarà vero?
Da ieri, ovvero da quando ho ricevuto la chiamata per l’appuntamento di lavoro, stanno tutti pregando per me, nella speranza che finalmente io abbia qualcosa di concreto da fare durante il giorno.
Mia suocera, quasi, mi vieta di fare tutto in casa. Addirittura spesso ci fa trovare il letto fatto. A volte mi infastidisce, mi sento invasa in quel piccolo angolo di appartamento che provo a fare più mio possibile. Perché non lo dico, ma mi manca casa, mi manca la libertà più totale, essere padrona di quello che vorrei fare, mi manca.
Per carità, sono due bravissime persone, ma per me forse è troppo, io sono abituata a qualcosa di più disastrato ma largo, che si distende a macchia d’olio. Mi risulta difficile spiegarlo.
Insomma i miei genitori, i miei nonni, mio fratello, R. e i suoceri, stanno tutti raccolti in preghiera per me. Ma lo desiderano per me oppure per loro stessi?
Cioè la così forte intensità che ci stanno mettendo è per la felicità mia o per la soddisfazione loro che la figlia, nipote, sorella, fidanzata, nuora prenda un posto “fisso”, un posto buono, nel pieno centro di Roma?
Non pensarci troppo.
Al telefono si sono raccomandati di arrivare cinque minuti prima dell’orario stabilito, io per l’ansia di fare brutta figura, sono arrivata con quindici minuti d’anticipo, senza contare i sette minuti che ho perso sotto la stazione centrale per emergere dalla metro e indovinare la giusta uscita tra le varie. Peggio dell’autostrada.
Ho dimenticato di dire che siamo nel periodo post Covid-19, quindi indosso la mascherina, nello zaino amuchina e guanti monouso e mascherina di riserva, che fatica! Un uomo sulla quarantina, ben vestito e con un naso, insomma, importante, mi misura la temperatura. Naturalmente bassa, mi domando se ci sia un modo per calibrare il termometro a proprio piacimento.
Sono in una sterile sala d’attesa, senza infamia e senza lode. Scomode sedie rosse posturali, il telefono che trilla quasi di continuo. Arriccio il naso per un forte odore che sento improvvisamente, alcool?
Sull’annuncio chiedevano disponibilità per cambio sedi, chissà cosa intendono.
Ancora alcool! Ma cosa diavolo stanno facendo?
Il tempo non passa mai.
L’uomo segretario si alza di corsa, lo perdo in un corridoio lungo e stretto. Sento una voce squillante, rauca. Eccolo di nuovo, con la mano mi invita a raggiungerlo.
Vai Zeta, sorridi, anche se non si vedono le labbra, si vedranno gli occhi.
