Tatuaggi
Un martedì nel mese di giugno, dopo aver controllato i pagamenti dei clienti; inviato delle fatture al commercialista; contattato il tipografo per i bigliettini da visita; litigato con il gestore telefonico che abbiamo in ufficio; ordinato la carta igienica ed il wc-net gel al profumo di lavanda; chiamato delle aziende per conto di Rasputin, il tutto tra una telefonata e l’altra, mi sono finalmente fermata per pranzare.
Di solito, quando S. o C. sono da sole e non hanno molto lavoro da svolgere, mi aggrego a loro per mangiare in compagnia e scambiare due chiacchiere con degli esseri umani, altrimenti resto nella mia triste stanza grigia mangiando contemplando il pc.
Qualche volta mantengo la schiscetta voltandomi verso il balcone che affaccia praticamente su di un palazzo e osservo. Sono circondata da uffici e da gente che indossa le cuffiette per la maggior parte delle loro giornate, rispondendo a volte anche a clienti molto maleducati, mi fanno più pena di me. Quando non c’è nulla di interessante osservo l’architettura del palazzo, odio i condizionatori fissati alle facciate esterne in prossimità di minuscole finestre che quasi sembrano quelle delle carceri, ma poi mi chiedo chi diavolo ci è arrivato fin qua sù ad installare sti cosi obbrobriosi?
(Vi capita mai di guardare sopra i tetti dei palazzi? Avete visto quante antenne ci sono? A volte sembrano un antico monumento di qualche tipo di metallo. Con un po’ d’ingegno sopraffino avremmo sicuramente potuto inventare migliaia di minuscole torri Eiffel ma naturalmente è solo un mio piccolo pensiero).
Quel giorno R. mi aveva preparato dei fantastici straccetti di pollo al limone e come contorno della verza ripassata in padella con aglio, olio e peperoncino. Per quanto possibile, tendevo a portare il pranzo da casa per non comprarlo e la mia compagna, premurosamente, si svegliava con me per cucinare oppure, se c’erano, portavo gli avanzi della cena del giorno prima.
Ogni volta che arrivavo a lavoro, o quasi, mi fermavo al bar più vicino all’azienda per prendere un caffè molto macchiato da condividere con S.
In poco tempo il barista aveva imparato ad anticipare la mia richiesta da portar via e mi salutava calorosamente con un nomignolo simpatico “macchiatissima”. Quella minuscola attenzione mi faceva sentire più a casa di quanto immaginassi. Fondamentalmente i romani sono molto simpatici ma rispetto ai napoletani hanno qualcosina in meno, forse il prendersi la confidenza con gli sconosciuti, ovviamente intendo nei limiti del rispetto verso una persona che, appunto, non conosci.
Quando metto piede a Napoli e mi fermo a prendere un caffè in un bar qualunque, mi pare di stare a casa di mia zia o di mio zio e tutto il contesto sembra subito familiare.
-Raccontami qualcosa che ancora non so di te, Zeta. Sai che mi piace fare gl’inciuci. – disse S. mentre portava alla bocca un cucchiaio di pasta con le verdure, tipo omogeneizzato verde fluo.
Avrei parecchie cose da poter raccontare. Nel complesso di S. mi fido, è una brava ragazza ma nel momento in cui le dirò qualcosa sono certa che arriverà almeno ad altre due o tre persone. Non lo fa certamente per cattiveria ma, come ha detto lei, le piace l’inciucio e soprattutto nella scala gerarchica delle amicizie/conoscenze immagino di occupare l’ultimo posto!
-Che ti racconto? –
Resto qualche momento a riflettere poi mi viene l’ispirazione.
-Hai visto che porto sempre camicie a maniche lunghe? Posso farti vedere il perché ma devi promettermi che non lo dirai a Giorgio. Ho una paura tremenda che possa fare la spia e sono certa che verrei licenziata in tronco per il tipo d’ambiente che è questo. –
S. mi guarda super curiosa, con due occhi grandi e un sorriso fisso, ha senza dubbio intuito il motivo e mi chiede -Hai un tatuaggio? – avrei voluto risponderle di si ma non mi pareva proprio una risposta esatta.
-Si e no. Ti faccio vedere. – scopro il braccio sinistro che è quasi del tutto pieno.
La mia “collega” rimane a bocca aperta.
-Non pensavo avessi tutti sti tatuaggi. Ne immaginavo uno, due che ne so al massimo tre. –
Sorrido.
-Ne ho due che nascondo peggio di questi sul braccio tutti i giorni. – sfilo gli anelli e le mostro quelli che ho sulle dita.
-Sei pazza! Se i soci scoprissero che hai tutti questi tatuaggi ti caccerebbero veramente all’istante. Ma come credi di fare? –
-Esattamente come sto facendo ora e tutta l’estate indosserò camicie lunghe e continuerò a portare gli anelli. Mi raccomando acqua in bocca. –
Non feci in tempo a dirglielo che appena C. comparve sull’uscio della porta S. le disse, prima ancora di salutarla -Non puoi capire Zeta cosa mi ha appena confessato, te lo diciamo ma Giorgio e i soci non devono assolutamente scoprirlo! –
Sorrido, consapevole che entrambe conserveranno il segreto.
