Incudine
Tra il trasloco e le svariate spiegazioni che avevo dovuto dare alla mia famiglia, ma soprattutto ai miei suoceri, per la scelta di andare in una casa mia, ero sfinita.
R. mi stava aiutando tantissimo ma non poteva di certo entrare nella mia mente e pensare quello a cui pensavo io, come lo pensavo io, per cui mi innervosivo, provavo con tutte le forze a non essere un mostro come il Grigio e Rasputin ma non ci riuscivo, sembrava quasi che trattavo R. come loro trattavano me, con sufficienza e ingratitudine. Volevo che tutto fosse perfetto, ma la perfezione esisteva nei piccoli traguardi che non riuscivo più a vedere limpidamente. Nuotavo in un limbo di negatività, da cui ero circondata e che mi autoinfliggevo.
Eravamo in prossimità della Pasqua e uno dei miei tarli mentali erano le uova da dover regalare.
È necessario portare qualcosa a lavoro? Le ragazze capiranno, no? Sanno perfettamente il mio attuale stato economico. Ad R. devo farlo? Ha già detto che vorrebbe quello Kinder Maxi, mentre con mia madre e i miei fratelli come dovrei comportarmi?
Domande quasi inutili.
Rasputin pretendeva che le riscrivessi, a mano, sulla sua agenda personale, tutti gli appuntamenti ed eventi, comprese delle lezioni che avrebbe tenuto a Roma. Io naturalmente lo facevo in automatico, senza neanche più riflettere a come fosse meglio incastrarle gli impegni, siccome per un motivo o per un altro non andava mai bene.
-Tieni il cellulare e rispondi a questo mio amico Antico, vuole che partecipi alla presentazione del suo libro venerdì. Ho impegni? –
Diedi uno sguardo veloce al calendario.
-Non ha impegni per venerdì. –
-Perfetto, la mattina dovrò andare dal parrucchiere, prenotalo, e nel pomeriggio devo trovarmi alle Terme di Caracalla, scrivi anche l’indirizzo mi raccomando. –
-Certo. –
Aveva sempre un modo imperativo di rivolgersi a me, era una cosa che detestavo, speravo con tutta me stessa di non comportarmi così.
Una volta risposto ad Antico, e riscritto il planner con tutti gli appuntamenti, perfino quelli ultra personali, come la ceretta all’inguine e la pedicure, riconsegnai il prezioso oggetto prima del prossimo cliente, così che Rasputin potesse prendere visione del mio ottimo operato. In un paio di minuti si scatenò l’inferno.
-Ma come fai a non pensare? A non capire? Io sono una persona anziana e lavoro tutto il giorno, sette giorni su sette, non faccio la pausa pranzo, lavoro i weekend, scrivo libri, porto avanti la mia attività, tu fai un quarto di quello che faccio io e non lo sai neanche fare! Sei completamente inadatta, non sei capace neanche a pensare! Secondo te come faccio ad andare alla presentazione così tardi e il giorno dopo devo fare lezione, vuol dire che devo partire la notte? Come ti viene in mente di dirmi che non ho impegni e di scrivere ad Antico che posso presenziare al suo evento? – Aveva letteralmente la bava alla bocca, come un povero cane affamato; nel frattempo avevano bussato alla porta, era il cliente che lei stessa aveva fatto accomodare in stanza, urlando come una gallina a cui stavano staccando il collo e continuando imperterrita a screditarmi anche davanti ad una persona a me sconosciuta, che probabilmente avrebbe riso di me -Ma tu prima di questo lavoro, che per te è una benedizione, siccome non posso licenziarti perché altrimenti dovrei dire al Grigio che non ho fatto un controllo appurato su di te e che quindi non sei una persona di un certo intelletto, mi chiedo se tu prima di questo lavoro abbia mai lavorato? Capisci quando ti parlo? Come fai a non capire che sono stanca e che dicendomi che potevo andare alla presentazione, io non penso di avere impegni importanti il giorno dopo! Lo devi sapere tu! Non io! Altrimenti che lavori a fare per me se devo prestare io attenzione per tutto? È incredibile, quando assumi una non sai mai se è valida o meno, assurdo, mi credi? Chiama L. e fatti spiegare come lavorare, impara e soprattutto non mettermi mai più impegni quando il giorno dopo ne ho altri dalla mattina presto! Ragiona, se sei in grado di farlo, metti in funzione il cervello! –
Io ero immobile, muta, con gli occhi che andavano dalla sua faccia, trasformata in quella spaventosa di una serpe biforcuta, e il pavimento, senza possibilità di replicare.
Mi sarei tanto voluta abbracciare, avrei tanto voluto buttarle giù dalla finestra il planner e licenziarmi in tronco, non potevo, soprattutto adesso che dovevo pagare l’affitto e le bollette.
Tornai nel mio tugurio con tutti pensieri negativi nella testa.
“Non c’è la faccio più” scrissi ad R. Fortunatamente io non ho mai pensato di farla finita. Ero incudine e dovevo subire. Stop.
