Il secondo socio
Dopo una notte trascorsa a riflettere e ad elaborare i pensieri di tutti, più rumorosi dei miei, non mi sento pronta a ricominciare a parlare.
Vorrei trasferirmi su un’isola deserta, circondata da sabbia bianca, mare e odore di salsedine.
Quasi, quasi ci andrei da sola per non far prendere collera a nessuno. Beh però è con R. che vorrei vivere la mia vita presente e futura, ma se lei non volesse seguirmi?
Se lei volesse continuare a rimanere bloccare in questa dimensione che a me non soddisfa?
Vibra il cellulare.
Cavolo. Non ci posso credere, è già suonata la sveglia.
R. sembra che stia dormento, le do un piccolo bacino e mi alzo. Vado al bagno, mi specchio, ho le occhiaie. Sicuramente avrò sbavato.
Mi sciacquo il viso un paio di volte per svegliarmi, lo faccio entrando in apnea.
Caffè e due biscotti, poi mi devo vestire e preparare.
Sveglio R. dolcemente, la bombardo di pensieri mentre scelgo i vestiti.
Dopo aver volumizzato le ciglia e preso la bottiglietta d’acqua, esco.
Il pensiero di non avere l’acqua con me durante il tragitto mi mette l’angoscia.
Oggi è una bella giornata di sole primaverile.
È piacevole passeggiare per arrivare a lavoro, lo preferisco rispetto al prendere l’auto. Qui al centro non si cammina, ci sono una quantità di semafori sproporzionata, per non parlare di quando devo svoltare a sinistra ma mi devo incanalare nella colonna di destra, poi è tutta zona ztl.
Saluto il portiere, il giorno prima non lo avevo visto. Gli spiego dove devo andare e mi indica il piano, che conoscevo già.
Busso alla porta, due volte. Sono in perfetto orario, anzi con dieci minuti d’anticipo circa! Apre S. non riesco neanche a salutarla che parte come una macchinetta -Ciao Zeta, buongiorno! Appena ti assumono devi prendere le chiavi della porta perché ero al telefono- poi scappa nella sua stanza con tre computer e il telefono in attesa.
Dunque oggi sarà una giornata piena, conoscerò il secondo socio.
Faccio il giro dell’azienda per verificare che sia tutto pulito e sistemato come di norma. Apro un paio di finestre. Controllo che ci sia acqua naturale e frizzante sulle scrivanie e in quella piccola sala d’attesa.
Tolgo la segreteria, controllo le mail.
Per tre ore circa ho provato a fare tutto quello che avevo appreso dalla telefonata di ieri con Emma.
Ero abbastanza tranquilla.
Sulla scrivania del secondo socio, che sarebbe venuto oggi, avevo poggiato l’elenco degli appuntamenti e i preventivi per i clienti in ordine di arrivo.
Pranzo o non pranzo? Forse è meglio non pranzare, mangerò una barretta appena sarò sola.
Trin. Trin.
Il citofono. Chiedo -Si? –
Rispondono -Sono io-
Oddio. È arrivato!
Respiro, mi aggiusto i capelli, percorro il corridoio e mi piazzo dietro la porta, spio dall’occhiello.
Esce dall’ascensore, poco sportivo dunque.
Camicia a fiori e casco portato come una borsetta, poco alto o meglio alto quanto me, per cui basso per essere uomo. Capelli grigissimi, RayBan da aviatore neri.
Speriamo sia simpatico.
Apro prima che possa bussare alla porta.
-Buongiorno dottore. Piacere, Zeta! – sorrido.
-A ciao, tu devi essere quella nuova-
Nella mia mente penso OTTIMO. Anche lui utilizza i pronomi invece dei nomi.
-Vieni nel mio studio che ho da dirti alcune cose-
Naturalmente lo seguo, aspetto che posa il casco e lo zaino. Indossa il camice, si siede dietro la sua scrivania piena di fronzoli.
Inizia a stilare una lista infinita, meno male che avevo con me un quadernino ed una penna.
Spero di riuscire a fare tutto. Devo avvisarlo nel momento in cui porto a termine un compito e se necessario aggiornarlo.
Nella mente è esplosa una bomba di parole e frasi.
Mi metto al computer e al telefono, apro la porta, invio preventivi, faccio pagare ai clienti, se riesco li accompagno perfino alla porta sempre sorridendo.
Tutto sommato la giornata è andata bene, forse mi sono preoccupata troppo.
S. è venuta a controllare che fossi viva e fortunatamente lo sono, mi ha anche presentato la sua collega C.
Mentre sto facendo i conti per portare la busta al (socio) Grigio lo vedo spuntare sull’uscio della porta della segreteria, pronto ad andar via.
-La prossima volta inizia a segnare tutto prima, così a fine serata riesci a fare i conteggi più velocemente- mi dice dall’alto della sua voce poco arrogante -Comunque mi pare sia andata bene oggi- continua.
-Si- rispondo semplicemente.
Chiudo la busta e la consegno.
-Grazie. Ci vediamo martedì- dice.
Blackout totale della mia mente.
(Devo ammettere che nell’episodio 1 ho dimenticato di dire che durante il colloquio avevo avvertito Giorgio e il primo socio che per due giorni non ci sarei stata a causa di impegni precedentemente presi)
Ma possibile che a lui non lo avessero comunicato?
-Guardi io veramente lunedì e martedì non ci sarò. Avevo avvertito Giorgio, credevo glielo avesse detto. Mi spiace. –
La sua espressione mutò. Fece un sorrisino malefico, bofonchiando qualcosa che non ho capito ed è andato via.
Mi ha lasciata così, seduta, senza salutarmi, senza sapere come dovermi comportare.
Sbagliata. Dopo tutta la fatica che avevo fatto durante il giorno nel provare a stare dietro ai compiti che mi aveva dato, avevo sbagliato.
Scivolata sulla mia stessa buccia di banana.
Ne posso parlare con C? Mi posso fidare?
Non lo so, ma lo faccio comunque perché all’improvviso mi sembra d’impazzire, di non saper fare nulla. Ho paura che questa cosa possa influire sulla decisione di darmi o meno il lavoro.
C. mi fa presente che una regola base dell’azienda è non contattare nessuno per cose lavorative durante l’orario non lavorativo.
Quindi mi consiglia di aspettare.
Mentre sono persa nei miei pensieri, in metro, mi arriva un messaggio da Giorgio: Perché non hai detto al Grigio che per due giorni non potevi venire?
Avrei tanto voluto rispondere che lo avevo comunicato a lui, al mio cavolo di colloquio, proprio per essere una persona corretta. Io.
