Come sono finita a lavorare per quest’azienda?
Tutto inizia quando, dopo due anni e mezzo di relazione, decido di trasferirmi a Roma per coltivare e costruire una stabilità emotiva.
Essendo i miei suoceri dipendenti non hanno possibilità di raccomandarmi chissà dove per un buon posto a parte le aziende in cui lavorano che, per entrarci adesso, ci vuole la laurea di cui non dispongo.
“Va bene piccola Zeta, rimboccati le maniche e cerca di capire cosa fare della tua vita” mi dico dopo circa un mese di curriculum distribuiti, inviati su piattaforme online ecc.
Ci si lamenta che non si trovano dipendenti però nel contempo non si accontentano, si pretende l’esperienza aerospaziale decennale ma devi essere under 30 o addirittura under 28.
Mi iscrivo ad un’agenzia interinale nella speranza che le mie piccole esperienze possano portarmi da qualche parte, non subito.
L’agenzia offre corsi gratuiti, per ampliare il curriculum, sovvenzionati dalla Regione Lazio, mi butto sull’inglese in cui sono una capretta.
Nel frattempo trascorrono mesi in cui la fiducia verso me stessa cala drasticamente.
“Perché non trovo lavoro? Cosa ho in meno rispetto ad altri? Sono troppo grande d’età? Ho perso tempo”
Non ho la laurea, papà lo ha sempre detto che dovevo laurearmi e lavorare con lui, ma io non volevo essere come papà, non volevo frequentare quegli ambienti snob e con la puzza sotto al naso. (A parte il lavoro, però, caratterialmente siamo quasi uguali).
Ci tengo a specificare che ho un buon rapporto con mio padre e che, alla fine, lavoro comunque per persone snob e con la puzza sotto al naso.
Dopo aver preso il certificato di partecipazione al corso d’inglese, che poco serve quando non lo pratichi, infatti continuo ad essere una capretta, ricevo la chiamata da una collaboratrice delle risorse umane.
Mi comunica che, oltre ai colloqui telematici non andati a buon fine, dove sono arrivata sul podio per essere scelta più volte, potrebbe interessare la mia “figura” presso un’azienda e che poteva fissarmi un colloquio in presenza.
Finalmente.
Non ci ho pensato due volte perché ero in una condizione psicologica non positiva. Sfiduciata.
Quando purtroppo non hai molte alternative scegli l’unica che si presenta, soprattutto per dimostrare che vali qualcosa per qualcuno.
Arrivi ad un punto dove non ti bastano le parole della tua famiglia a consolarti, hai bisogno di una verità che va oltre le favole che ti hanno sempre raccontato.
Ti butti, mi sono letteralmente buttata perché alternativa non c’era.
O lo schianto o perdere la testa.
